Un guizzo d'immenso
Ci sono luoghi in cui le emozioni rinnovano i colori dei sentimenti ancora vivi e dialoganti con la nostra anima. Sono i luoghi della nostra infanzia così chiassosi e ridenti, di bambini e bambine con le loro mamme, a giocare tra le altalene e scivoli d’argento, senza pensieri e senza tempo. Poi ci sono i luoghi della vita che inesorabilmente scorre, lasciando tracce di sé nel profondo di un ricordo mai cancellato.
Nella dimensione onirica, vivono sogni ancora in lista d’attesa che attendono di poter vestire la tangibile realtà della vita. Ci son sogni che stimoleranno la nostra fantasia arricchendo di sapidità e colore timidi pensieri. In una dimensione sognante, osservo le scene del mondo scorrere più in là; senza farmi lambire i passi, nel silenzio, la proiezione dei miei pensieri illumina lo spirito.
Un guizzo d’immenso, tra il volo pesante e basso e lo slancio innamorato che può tutto chiedere al cielo che ama; retorica e bellezza si raccontano a vicenda lo stupore e la meraviglia della vita. Nel libero volo c’è sempre la verticalità di un pensiero che fugge le prigioni di un tempo. Ogni cosa si fa più leggera e sopportabile, delicata e nobile, profumata tela su cui raccontare la storia del mio esistere ingannato dall’arte.
Nell’open space del nostro appartamento, c’è un tavolo allungato che, da qualche giorno ospita gli strumenti della mia rinascita. Fogli da disegno, colori a tempera, acquerelli, matite colorate, gomma pane, fogli dorati e lamette da barba. Sto tentando una trasposizione di sensi, immersione totale nella pura bellezza di un volto, contemplazione e aspirazione alla perfetta letizia e umiltà. Nelle sue linee e colori, Cimabue dona il suo san Francesco a chi saprà accoglierlo in semplicità.
La mia ispirazione interiore vuole materializzarsi con il disegno a matite colorate lasciando tracce di un’interpretazione personale dell’opera di Cimabue. Questo, per me, è senz’altro quel guizzo d’immenso di cui parlavo prima. È introspezione innanzitutto, talmente esplosiva e tonificante. Dopo i miei leggiadri studi teorici intorno al cinema, alle lettere e filologia, finalmente un ritaglio di paradiso, di pace e di preghiera, ma soprattutto SILENZIO.
Volentieri ora, mi lascio ingannare dall’arte, potente strumento comunicativo e di pensiero, e ai sogni che a lei si confanno. Guido la mia mano sulle tracce a matita per dare loro un senso, una dimensione plastica all’immagine, cercando nella tridimensionalità un contatto più veritiero con la realtà. In quei rari frangenti di appagamento estatico, quando l’opera scivola nel dialogo più intimo, nell’apoteosi del cuore, vengo rilanciato in un mondo altro.
E da questa immagine sacra, costruisco la mia Cattedrale, il mio Tempio santo, il mio ponte votivo, attraverso il quale imparare che dal perdono si rinasce a vita nuova. L’infanzia della vita ci dona la leggerezza e l’incoscienza, la gioia e le corse sfrenate di interminabili giornate con mamma e papà. La maturità della vita dona opportunità, tante opportunità. Noi siamo chiamati a scegliere la o le strade da percorrere e tutte portano ad una cattedrale. La cattedrale che noi costruiremo rappresenterà l’opera più bella o più brutta che saremo riusciti a realizzare. C’è sempre una cattedrale che ci attende, anche quando non ce ne accorgiamo. Qualcuno la costruisce con pietre, altri con parole, altri ancora con colori. E forse, nell’opera, avviene il nostro ritorno.
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